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al testo di Amina Narimi
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Una strada sottile quanta calma nel petto che rischiara dove i nomi hanno mesi bellissimi, che crescono seguendo la via lattea tra le ali e gli alberi dell’anima. Sono petali bagnati di visione, con la parola aperta delle cime, dove dentro vi corre quel bambino, la sua mano aperta, con la rosa, le sue gambe, che spingono nell’aria lo scatto del respiro, nel salire, in cerca dell’uscita, tra le cose. E non dura più di un lampo nel morire la tragedia della giovane paura, tra il bosco ed il suo viso. Poi la musica soltanto, la più viva, a quell’ora lo incorona, e va alla gioia, oltre i margini segnati, in un istante toccando, col duro della terra, il ricongiungersi al fantastico dei passi. Col moto delle lucciole sui piedi, è un viaggio che mi porti, in un gesto, trattenuto, come sacro, qualcosa tra le mani, che si bagna, di ritorno, con la tua saliva lenta, per toccare, dove non si vede, il polso quieto di ciò che sta sul fondo- nel ruotare delle ossa, con la forza che annida tutto un cielo dentro al seno, dove cresce la tua pianta. Come mondo mi hai offerto un largo d’aria, nel buio lucido e ospitale dove noi è veramente nostra sposa, ora che sa come cadere ai piedi del suo piccolo padrone, nel profondo bambino, dove andiamo ripetendo, ad occhi chiusi, sono insieme. Viene incontro, in cerchi che si allargano per radici silenziose, come calda, la nostra mano, nell’intimo, cercata, tremolante di luce ci rivela bagnati di terra, a lungo, e da vicino, con le braccia larghe di un mare benedetto, di essere ricevuti, come isole. |
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